Secondo l’interpretazione dominante, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, la responsabilità del proprietario o dell’utilizzatore di un animale, disciplinata dall’art. 2052 c.c., ha natura oggettiva e trova il suo fondamento non sulla presunzione di colpa ma sul rapporto di fatto con l’animale. Il danneggiato può agire in giudizio, in via principale, nei confronti del proprietario o, in via subordinata, nei confronti dell’utilizzatore. I soggetti sopraindicati possono andare esenti da responsabilità provando che il fatto dannoso si è verificato per caso fortuito.
Poichè la norma in questione disciplina un’ipotesi di responsabilità oggettiva, tale nozione è intesa in modo restrittivo sicchè si ritiene raggiunta la prova liberatoria solo qualora venga dimostrato che il danno è stato provocato da un fattore esterno imprevedibile, inevitabile e assolutamente eccezionale. Anche il comportamento del danneggiato, laddove abbia avuto efficacia causale esclusiva nella produzione del danno, può farsi rientrare nella nozione di caso fortuito. Se, invece, tale /comportamento non abbia interrotto il nesso causale tra la condotta dell’animale e il danno ma abbia comunque inciso sulla sua determinazione, il Giudice di merito può ridurre l’entità del risarcimento in virtù delle norme sul concorso di colpa di cui agli art. 2056 e 1227 c.c..