È quanto sentenzia la Corte di Cassazione, affermando che l’infedeltà coniugale è fonte di risarcimento del danno non patrimoniale per il coniuge che l’ha subita se da essa consegue un danno ingiusto che sia espressione della lesione di diritti costituzionalmente garantiti. Oggetto del risarcimento del danno, pertanto non è la condotta fedigrafa in sé e per sé, ma è il danno che da essa deriva, che deve esplicarsi nella lesione dei diritti del coniuge che subisce il tradimento, qualificabili quali diritti essenziali della vita, come ad esempio la salute, la privacy, l’onore, la dignità, l’immagine. Trattasi di responsabilità extracontrattuale, ex art 2043 cc, che obbliga il coniuge infedele al risarcimento del danno non patrimoniale in tutte le eccezioni di cui all’art. 2059 cc.
La giurisprudenza della Suprema Corte sta affrontando, nella materia di specie, un percorso evolutivo: mentre fino a qualche tempo addietro riteneva che l’infedeltà fosse fonte di obbligo risarcitorio solo se si fosse consumata con modalità tali da far emergere altri illeciti, quali l’ingiuria e la diffamazione, di recente la Corte con sentenze n. 8862/12 e 18853/11 ha affermato che, ai fini risarcitori, non è necessario che l’infedeltà sia compiuta per mezzo di condotte particolarmente lesive o pregiudizievoli per il coniuge tradito, rilevando, indipendentemente dalle modalità per mezzo delle quali essa sia stata condotta, che dall’infedeltà derivi un danno ingiusto costituzionalmente rilevante.
L’obbligo risarcitorio non è strettamente correlato alla pronuncia dell’addebito a carico del coniuge infedele, ben potendo l’altro coniuge optare per una definizione consensuale del matrimonio per poi agire in sede autonoma al fine di ottenere il risarcimento del danno sofferto.